1. |
A Vije Du Lamient
02:09
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2. |
Battesimo Nel Vino
05:17
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2 - BATTESIMO NEL VINO
“Quando venni al mondo
Mia madre non c’era,
Mio padre morì il giorno dopo.
La culla non dondolava,
chi mi battezzò, analfabeta”. (1)
Venne battuto storto un chiodo
Sotto al vaso che mi accolse
E luna calante fu.
Inchiodato alla mia labile esistenza,
Nacqui dormiente.
Mi sollevò
Mi Battezzò
Nel vino.
S’inginocchiò
Mi gettò.
Amuleti per la culla,
Ramoscello di Sabina,
Chiave, pugnale, due pezzi di ferro.
“A te metto questo nastro con la sinistra mano
A te, bambino” (2)
Mi sollevò
Mi Battezzò
Nel vino.
S’inginocchiò
Mi gettò.
“Su una piccola tempa
C’erano quattro buoi
Che schiacciavano la testa della rana,
Fuggi ranéle, fuggi dalla bocca,
La chiave della chiesa non si tocca” (3)
Sono le Invidie che minano la mia crescita
E mutamento di stato.
Senza Latte,
Senza Forza,
Senza Fiato.
(Ninna Nanna del 08/10/1952 / Pisticci (MT), Carmina Di Giulio, 40 anni ca.)
Ninna Nanna senza fuoco e senza paglia,
Ninna Nanna senza vita e senza mamma,
Ninna Nanna con un chiodo che scalfisce la tua pelle,
Ninna Nanna senza un tetto, né stelle.
Nia Nia lu figghj mia.
(1)
Detto antico: immagine di vita desolata e nascita malaugurata, foriera di una vita di stenti e fatica.
(2)
Formula di Pisticci (MT) per curare la “Secretedda” (mancata adesione dei margini della sutura longitudinale del cranio nell’infante).
(3)
Historiola di Tricarico per “incantare” la cisti sublinguale.
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3. |
Sette Anni
04:21
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3 - SETTE ANNI
Partivamo dalla montagna il 15 novembre,
Tornavamo il 15 aprile.
Sette anni avevo, noi si transumava.
I pericoli sulla strada, il freddo nelle ossa,
Si cresceva in fretta, si era già adulti.
Spine nelle caviglie, gelo sulle mani.
E poi…
Fuoco, scaldava la nostra miseria.
Pane, saziava la nostra fame.
Vino, alleviava le nostre disgrazie.
Casa, lontana, l’inverno incombeva.
“Un ciuffo di lana a forma di croce
Dal Capro tagliavo” (1)
La luna piena
Il lupo la sentiva.
“E rivolte verso sud, le bestie riposavano
Triste era il segno,
Gelo e freddo un altro inverno ci aspettavano”. (2)
Le campane delle vacche che pascolavano
Per i monti, per le steppe, per le gole,
Roche melodie intonavano.
Era novembre.
Sette anni avevo.
(1)
Il primo venerdì di marzo, veniva tagliato un ciuffo di lana a forma di croce dalla testa del caprone e del montone che portava la campana; esso veniva conservato in un recipiente che rappresentava l’unità di misura del grano, “lo stuppeddu”, ottava parte del tomolo (5kg); il riferimento cristiano, la forma della croce, appunto, rendeva il ciuffo di lana “benedetto” e questo avrebbe portato un raccolto abbondante, essendo il grano la prima fonte di sopravvivenza nel mondo contadino: si trattava dell’ennesimo simbolo apotropaico, tra il sacro e il profano, presenti in ogni manifestazione della vita contadina.
(2)
A metà del mese di agosto, alle cinque del mattino, si controllava la posizione di sonno degli animali; se erano rivolti verso sud, aveva allora vinto la Bora che, dopo alcuni mesi, avrebbe portato un inverno di freddo intenso e gelo.
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4. |
Crisi Del Cordoglio
03:46
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4 - CRISI DEL CORDOGLIO
Sono morto qui, da solo
Sono morto nel freddo.
Una lapide senza nome,
Una bara senza fondo.
“Mi ritrovai con due monete
Sugli occhi posate
Per l’ultimo viaggio” (1)
"E se ci affoga la morte
Nessuno sarà con noi,
E col morbo e la cattiva sorte
Nessuno sarà con noi". (2)
Una fossa poco profonda, ci accoglierà.
Come braccia aperte di madre, la morte non ci spaventerà.
Non ci spaventerà.
"Mia moglie urla e continua a perdere fiato,
Un lutto lungo una vita, il velo abbrunato.
Nel breve attassamento, uno stupore inebetito,
L'esplosione parossistica le mangia l'anima" (3)
(1) La ritualità della morte prevedeva che al defunto venissero posate due monete sugli occhi per pagare l’ultimo viaggio, secondo altre credenze venivano lasciate alcune monete in tasca per donarle alle anime dei bambini in cielo.
(2) Rocco Scotellaro "Pozzanghera Nera il 18 Aprile"
(3) Due distinte fasi della Lamentazione Funebre:
ATTASSAMENTO - La persona è irrigidita in una immobilità psichica che può durare da pochi minuti a molte ore, situazione denominata anche "Ebetudine Stuporosa".
ESPLOSIONE PAROSSISTICA - la Lamentazione Funebre che porta ad autoflagellarsi, strapparsi i vestiti, urlare.
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5. |
Stabat Mater Dolorosa
05:40
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5 - STABAT MATER DOLOROSA
“Oh tempesta di primavera, dai monti scendi,
Dilava la sabbia gialla, solleva il coperchio della bara,
Scardina queste assi, esplodi il tuo furore,
Accogli ora il mio lamento, adempi al mio volere,
Il mio verbo è legge”. (1)
Stabat Mater dolorosa Iuxta Crucem Lacrimosa.
“Sollevatevi venti neri
Percorrete oscuri sentieri
Giungete nel ventre della chiesa
Ridestate l’anima lesa
Sconvolgete l’umida terra
Portate in questo luogo sacro guerra!
Risvegliate il morto
Che non vi sia mai più sconforto!” (2)
“O mia testa, o mie tempie
O miei occhi, cosa mi prende,
Il movimento or mi assale
Il Resistere è aconfessionale
Il mio corpo si muove mero
Si muove senza più pensiero
Cade il mio velo, color di pece.
Cade sulla bara, cade sulla bara che mio padre fece”. (3)
“FIGLIA: ah le tempeste di primavera non rumoreggiano,
esse non dilavano la gialla sabbia,
non mi fanno vedere la mia cara mamma.
I venti impetuosi non si sollevano,
non battono sul campanone,
non risvegliano mia madre.
Dal cielo non scendono gli arcangeli a schiera,
non infondono l’anima nel morto petto.
MADRE: non aspettarmi, mai.” (4)
(1) – (2) – (4)
Tecnica euromediterranea di reintegrazione. Queste strutture consistono nell’offrire un modo per entrare in rapporto con la tentazione del rischio, ovvero del comportamento irrelativo. Vengono infatti recitati dalla lamentatrice in forma di monologo, i due momenti del delirio (1) – (2) e dell’anamnesi disingannatrice (4).
(3)
Da “Le Troadi” - Euripide. Nel corso della lamentazione funebre si notano determinate stereotipie mimiche come l’oscillazione ritmica del busto in avanti verso la bara ed il movimento oscillatorio laterale.
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6. |
La Messa Dei Morti
07:52
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6 - LA MESSA DEI MORTI
(Lamento Funebre del 02/11/1954, voce femminile, Roccanova (PZ)
“A mezzanotte nel settembre del ‘53
Ci recammo ai campi,
I sentieri tra le spine
Nubi basse all’orizzonte tra tuoni e lampi.
Scorgemmo una figura
Ci guardava senza più speranza.
Nel cuore della notte
Il morto in lontananza.
E furono urla di terrore,
Nella magia sonnambolica.
Colonne di fiamme
S’infransero in un boato iperbolico.” (1)
Figghjë mijë addò i sciùt / Figlia mia dove sei andata
U muort jé vnùt / E’ apparso il morto
Figghjë mijë addò si stàt / Figlia mia dove sei stata
U muort jé turnàt / E’ tornato il morto
Figghjë mijë a nott jé scùr / Figlia mia la notte è scura
Ma nun_j_avé paùr / Ma non devi aver paura
Figghjë mijë a nott jé neura / Figlia mia la notte è nera
S’è pigghiat l’anma mijë / Si è preso la mia anima.
Lassam_stà / Lasciami stare
Num_turmntà / Non mi tormentare.
“Solo a quel punto, mi resi conto
Che ciò che avevo attorno, era defunto.
Il prete, spalle all’altare,
Si voltò.
E ciò che vidi non era mai stato,
La Messa Dei Morti mi tolse il fiato.
Sudata mi svegliai,
Dalla bocca acqua
Vummcajë / Vomitai
Vummcajë / Vomitai
Vummcajë / Vomitai” (2)
(Lamento Funebre, voce femminile dal cimitero di Bella (PZ) tratto dal documentario storico di Luigi Di Gianni “Sud e Magia” 1978)
(1)
Racconto di Anna Padula di anni 40, contadina di Roccanova (PZ).
Il lamento funebre, assolve una funzione risolutrice rispetto ad un preciso aspetto della crisi del cordoglio, ovvero il ritorno irrelativo del morto come rappresentazione ossessiva o come immagine allucinatoria.
(2)
La “Messa dei Morti” è un’altra forma di allucinazione / avventura psicologica a cui molte contadine lucane dichiarano di aver assistito almeno una volta nella vita. Nel sonnambulismo notturno scaturito nei momenti di prostrazione fisica, disagio morale, quando anche nei momenti di riposo si ripeteva il tragitto per andare nei campi a lavoro, a prendere l’acqua, si raccontava di assistere a delle messe a cui partecipavano le anime dei morti. Il risveglio successivo, nella camera da letto, con la bocca grondante acqua, stava li a provare che si era andati realmente a prendere l’acqua alla fontana.
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7. |
Lucania
05:54
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8 - LUCANIA
"Io lo conosco
Questo fruscio di canneti
Sui declivi aridi
Contesi alla frana
E queste rocce magre
Dove i venti e le nebbie
Danno convegno ai silenzi
Che gravano a sera sul passo stanco dei muli.
Lucania, Lucania.
È poca l’acqua che scorre
E le vallate son secche
Spaccate, d’argilla.
Di qui le mandrie migrano
Con l’autunno avanzato
Per la piana delle marine
Tuffando i passi nelle paludi.
Di qui è passata la malaria
Per le stazioncine sul Basento
Squallide, segnate d’oleandri.
Da noi la malvarosa è un fiore
Che trema col basilico
Sulle finestre tarlate
In un vaso stinto di terracotta
E il rosmarino cresce nei prati
Sulle scarpate delle vie
Accanto ai buchi delle talpe.
Da noi riposa il falco e la civetta
Segna la nostra morte.
Da noi il mondo è lontano,
Ma c’è un odore di terra e di gaggia
E il pane ha sapore del grano."
(Mario Trufelli)
Lucania, Lucania.
Terra Madre Sangue
Lucania, Lucania.
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8. |
Desiderium
10:16
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7 - DESIDERIUM
E siamo qui
Ad aspettare
Un riflesso del Sole
Una lacrima in mare.
Pallide sono le giornate
Sempre più nere ed abbandonate
Quando il tempo si ferma.
Siedi accanto a me,
Ti racconto la storia di una terra che più non è
Mani dure come pietra che si infrange.
Pelle dura come cuoio che sotto ad un sole incurante
Brucia.
Arde.
Siedi accanto a me
Ti racconto la storia di una terra che più non è.
Respira insieme a me
Il profumo del tempo, l’ulivo nel vento, l’aroma del mirto, la fine di un libro
e resta con me.
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9. |
Amore
05:59
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AMORE
Amore,
amore funne cchiù d’u cehe,
ca me grapise ll’occhie nd’i matine,
stu munne mo me pàrete cechète
come na palla nivre de carvone,
e fùjetë nnaterne arrahugghiète
senze de se vutè com’a nu surde
e ié le curre appresse e fazzë i picce
d’i uagnenelle mahète.
Amore,
amore forte cchiù d’u vente
ca srarechite ll’àrbere e lle sciòllete
i chèse e cca lle lìmete i muntagne,
dannille sempe a tuttë quante i cose
ne picche de stu fiète de giaiantë
e ppo na ’uce aguèle com’u ’ampe
ca s’abbràzzete i spine mmenz’i rose.
Amore,
amore granne cchiù d’u mère;
amore,
amore forte cchiù d’u vente,
nun te scurdè ca pure nd’i turmente
ce agghie vruscjète e vrósce nda stu foche
come a ffrasca ntreccète all’ate frasche
pure cche chillë ca me guardàine storte
e purë mo me uèrene ggià mortë.
Amore,
amore duce e anniputente.
com’agghia fè cche nnu rengradziamente?
--
TRAD:
Amore,
amore profondo più del cielo,
che mi aprivi gli occhi nei mattini,
adesso questo mondo mi sembra cieco
come una palla nera di carbone
e fugge in eterno accartocciato,
senza voltarsi, come un sordo,
e io gli corro appresso e faccio le bizze
come i bambini malati.
Amore,
amore forte più del vento
che sradica gli alberi e fa crollare
le case e che leviga le montagne,
daglielo sempre a tutte quante le cose
un poco di questo respiro di gigante
e poi una luce uguale come il lampo
che abbraccia le spine fra le rose.
Amore,
amore grande più del mare;
amore forte più del vento,
non scordarti che pure fra i tormenti
io ci ho bruciato e brucio in questo fuoco,
come la frasca intrecciata alle altre frasche,
pure con quelli che mi guardavano ostili
e pure adesso mi vorrebbero già morto.
Amore,
amore dolce e onnipotente, come posso ringraziarti?
(Albino Pierro)
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OMNIA MALIS EST Italy
One man band nata nel 2005.
2006 demo "La Rivolta Delle Stelle"
2007 EP "Fides" (Il Male
Prod.)
2015 Full "Viteliu" (Hidden Marly Prod.)
2021 Full "Lucania" (CD-LP-DIGITAL)
(Hidden Marly Prod. - Die Welt gehört uns Records)
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